Palmieri Angela: sono nata a Torino nell’anno in cui ricorreva il primo centenario dell’unità d’Italia. Di quel periodo di rinascita economica devo aver in qualche modo ereditato l’entusiasmo e l’ottimismo, che conservo tuttora nonostante il momento negativo che stiamo attraversando. |
Per i lettori di Carta e Penna ha scelto:
LA SOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL'ESSERE |
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Volano i veli come vele lievi di grandi velieri sospinti dal vento su linee di mare. Cielo profondo trafitto da raggi di sole potente che accende i colori di vite diverse. |
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LA MACCHINA DEL TEMPO - NEOS EDIZIONI |
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Per questo libro d’esordio l’Autrice ha selezionato una raccolta di quattordici racconti scritti nel corso degli anni traendo ispirazione dalla vita e dalla fantasia. Alcuni prendono spunto da fatti accaduti, persone incontrate, situazioni autobiografiche, o nascono da emozioni e pensieri su cui riflettere; altri invece sono voli nel fantastico, dalla fantascienza alla fiaba, un artificio letterario per proporre storie a lieto fine dove i protagonisti sono sempre capaci di prendere atto degli errori e di trovarvi un rimedio per sé e per gli altri. Molte tematiche quindi, ma un percorso omogeneo dove la serenità è ogni volta possibile, basta impegnarsi in prima persona con un po’ di coraggio e molta consapevolezza per trovare sempre una strada verso la felicità. Ed eccomi, sola, a dover rimettere insieme i cocci. La vita mi ha chiuso in faccia una porta, anzi, no, diciamo che una fase importante della mia esistenza è finita. Ed è anche mia la responsabilità di questa interruzione: ogni momento vissuto è stato frutto delle mie decisioni, ma la mia distrazione… ho sempre dato tutto per scontato. Quale benessere? Quale felicità? Ormai solo tutto apparenza. Un sogno, credevo di vivere in una favola; anche lui, certo, viveva in una favola, peccato però, che non fosse la stessa! Come si dice, mille e non più mille: novembre dell’anno 2000, storica alluvione, mentre raccolgo acqua in tavernetta, il sogno si infrange, le lacrime e la rabbia offuscano la vista, e non solo. Tutto assume contorni indefiniti, mi gira la testa, il sogno diventa un incubo. Che farò adesso?… |
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SOLITUDINI |
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In qualche angolo di mondo
c’è un uomo che ha fatto della strada la sua casa.
In qualche angolo di mondo
c’è una donna che piange sul suo sogno infranto.
In qualche angolo di mondo
due amanti si dicono addio
e un bimbo inascoltato si perde dentro un videogioco.
In qualche angolo di mondo,
in un bianco letto d’ospedale,
un vecchietto rivede scorrer la sua vita.
In qualche angolo di mondo
ci siamo noi:
noi che dobbiamo percorrere il cammino,
noi che vogliamo raggiungere la meta,
noi che possiamo scegliere.
Scegliere un sorriso,
una carezza,
un gesto,
una parola.
Scegliere di aprire il cuore
a un raggio di sole
che possa sciogliere
le nostre solitudini. |
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UN SILENZIO ASSORDANTE |
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Vorrei silenzio. Interrompere per qualche tempo ogni attività quotidiana; mettere all’angolo preoccupazioni e ansie, le mie e quelle degli altri, che talvolta, mio malgrado, mi coinvolgono. Azzerare il rumore del traffico, ammutolire tutte quelle voci che vogliono emergere anche se poco o nulla hanno da dire; non sentire più le grida di chi soffre, non udire le urla degli arroganti: ecco ciò che vorrei. È questa la ragione per cui oggi, qui, lungo il sentiero che attraversa il grande bosco, cerco disperatamente il silenzio. Il percorso è agevole; mentre osservo curiosa ed estasiata tutta la biodiversità in cui sono immersa, un improvviso senso di pace pervade il mio animo. Il sole è già alto e la temperatura sale ma gli alberi mi regalano ombra e refrigerio. È forse questo il silenzio che desidero? Assenza di suono, nessun rumore, così che corpo e mente non siano distratti e possano finalmente svuotarsi, liberarsi, pulirsi, alleggerirsi? Mi accorgo però, ben presto, che si tratta di un’impresa impossibile: il silenzio interiore è per me una chimera. I pensieri, anche quelli più reconditi, che normalmente non emergono, si accavallano e s’inseguono. Una miriade di riflessioni mi travolge. Osservo una felce, la sfioro. Lei mi sussurra qualcosa: «Sai, sono tra le piante più antiche del mondo; i miei progenitori esistevano già trecento milioni di anni fa! I grandi dinosauri si cibavano di me; quelli erbivori, come lo Stegosauro e il Triceratopo…». «E l’Iguanodonte, e il Brontosauro! ̶ aggiungo io ̶ Brontosauro… Chissà poi perché si chiamava così? Brontolava spesso?». Battutona! La felce non mi risponde ma ho l’impressione che le sue foglie, dal colore intenso, diventino di un verde quasi pallido; continuo. «Che meraviglia! Sei una pianta preistorica e sei riuscita a sopravvivere, hai superato tante ere geologiche!». Che mi succede? Non ci credo! Ora sono “la donna che sussurrava alle piante”! Accarezzo ancora una volta la mia nuova amica, la quale, evidentemente stanca di dar retta a un’umana stravagante, ha perso quel colore smunto per tornare a essere di un bel verde scuro. Riprendo il cammino. Mi fermo qualche istante a osservare il letto di quello che fino a qualche tempo fa doveva essere un impetuoso torrente: ormai la lunga siccità ha lasciato affiorare grandi sassi, levigati e cosparsi di vegetazione, tra i quali scorrono solitari rivoli d’acqua. Mi par di sentire il gemito della natura, che chiede inutilmente aiuto; il soffio lieve del vento e il canto di alcuni uccelli nascosti tra i rami, come un’orchestra, sembrano eseguire un’insolita armonia che cattura la mia attenzione. Ogni pietra mi parla: gli strati di roccia e fossili sovrapposti, emersi con il movimento della crosta terrestre, mi narrano storie che si perdono nella notte dei tempi. Proseguo nella mia ricerca del silenzio. Mi chiedo se esista davvero, cosa sia esattamente; è un fenomeno fisico puro, cioè la totale assenza di suoni e rumori a cui accennavo prima, oppure è una condizione interiore, individuale, soggettiva? Mi sovvengono diversi tipi di silenzio, che stanno a indicare situazioni particolari: silenzio stampa, silenzio assenso, silenzio colpevole, accusatorio, eloquente, ad esempio. Il Maestro Ezio Bosso, durante un’intervista, asserì che il silenzio, di per sé, non esiste. Le pause tra una nota e l’altra, o tra una parola e l’altra, a suo parere non sarebbero un vuoto ma un pieno: un pieno di tensione, una forma di attesa di ciò che avverrà dopo, di quello (aggiungo io) che siamo pronti ad ascoltare. Tutti questi pensieri interrompono il flusso di quel silenzio che cercavo e che non ho trovato; anelavo a una condizione purificatrice totale, che mi conducesse verso uno stato di grazia “olistico”. No, non riesco; forse c’è un trucco! Il segreto potrebbe consistere nel fermare la mente: chiederle di smettere di funzionare per qualche tempo, creando così una sorta di vuoto da riempire, appunto, con il silenzio. Se aspettassi qui la notte, se mi addormentassi in questa foresta, potrei rivolgermi all’oscurità e chiederle aiuto, protezione, proprio come in una vecchia canzone di Simon & Garfunkel; ma anche in quel caso, forse, arriverebbero visioni o sogni a infrangere il “sound of silence”, il suono del silenzio. La giornata volge al termine, sta arrivando il momento di tornare a casa; sono triste, mi sembra di aver fallito, non ho raggiunto il fine ultimo di questa mia avventura in montagna. A un tratto, però, mi rendo conto che tutto il mio corpo respira, e lo fa più intensamente e consapevolmente di ieri; polmoni, sangue, cuore, tutto dentro di me gioisce e pulsa. E allora mi sento felice. E mi accorgo che, in fondo, l’ho sentito: lui, il silenzio, si è presentato a me in modo diverso da come me lo aspettavo. È stato un silenzio speciale, sorprendente: un silenzio assordante.
Agosto 2022 |
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FUOCO |
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Sono qui, in una caffetteria di una ridente cittadina di montagna, che è ormai praticamente la mia seconda casa. |
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