Dalla quarta di copertina:
“Tengo strette al cuore le parole degli Animali, dell’Arte, della Natura, le tengo strette da anni, ormai sono 47 primavere che diventano estati, per poi fondersi all’autunno e accoccolarsi dentro l’inverno”.
Dopotutto, come diceva Albert Schweitzer
“Io sono una vita che vuole vivere, circondato da altre vite che vogliono vivere”.
Non sono nato vegano, ma so che morirò così.
Alcuni versi tratti dalla silloge:
“Io appartengo al sottobosco,
alle ali di falena, intarsiate nell’uva,
al ritorno delle rondini e alle mani
che accolgono un pulcino o una nuvola.
Io appartengo a tutto ciò che non si ode
di giorno e giace supino nei pressi
di un incanto la notte, la notte
delle stelle cadenti, che cadono
piano, sussurrando canzoni”
I passi della lirica
Piano, i passi della lirica
accompgnano la messa in piega
di tutto ciò che ci ha fatti cielo,
che ci ha trasformati in colombe,
certo, la chiesetta ha bisogno
di ritocco, l’ateismo si fa filosofia
e la funzione della religione
è struttura mentale e struttura la società,
rovinandola, i passi della lirica
s’odono sempre, anche quando
cade la pioggia e dalle pozzanghere
tutto si fa fumo e la nebbia
ci imbianca i denti, la bibbia
ci rovina la bocca e lo spirito
e fa male il funerale, se è il nostro.
Nel campus, una gazza blu elettrico
zampetta a passi di lirica sotto l’ombra
degli olmi, fra le ali si tiene stretta
la musica del blues elettrico.
Mi circondo di fame.
Mi circondo di spilli.
Mi circondo di libri
ma, quella musica,
sì, la musica nei passi della lirica,
ancora si fa carezza dolce in Primavera.
Costantemente
Metto da parte ogni pregiudizio
e lo faccio costantemente.
Fosse anche verità,
la scia della cometa
di Halley mi sfregia
gli occhi, io cerco l’infinito
e lo faccio costantemente.
Derubo i sogni ad alcuni
e ad altri i soldi,
tanto per la maggior parte
della gente questi due elementi
sono intercambiabili
e sì, lo faccio costantemente.
Il dirupo della mia infanzia
è talmente basso che potrebbero
occorrermi una vita e mezza
per rendermi conto di essere io
il nano, se paragonato alle splendide
sequoie che, comunque, non ho mai visto,
ma che, sogno, costantemente.
L’elettricità è una piuma bianca
ed io ho il piumaggio nero
e questo mi confonde piacevolmente
e ciò accade non raramente;
provate ad indovinare?
Eh, sì, costantemente.
Scrivo di qualcosa che mi appartiene,
ma anche non fa parte di me,
la vecchiaia è un concetto astratto,
però a volte lo sento reale
ed intanto tutti intorno a me
si raggrumiscono e muoiono,
lo fanno una volta sola,
ma costantemente.
Costantemente,
ti penso qui,
lirica di cigno
a far l’amore con le mie paure
e trasformarle nel nostro viverci.
Costantemente.