Ai miei eroidi Mainini Dionigi
Anno: 2022
|
Racconti quali fiori di campo dedicati con affetto, emozione e tanta simpatia, ad alcuni miei eroi. Appunti sulla loro umile ma intensa vita, la cui lettura è consigliata a lettori e lettrici non imberbi ma maturi. Per capirci, già beneficiari di una meritata generosità dall’Inps, di sconti datati all’ingresso nei musei, o prossimi a festeggiare nozze di alto valore. Gli altri, leggano pure se vogliono. Avranno modo di scoprire, apprezzare o compatire, anziane vicissitudini umane, e l’autore.
L'incipit del primo racconto:
-Scusa Gina. Non per essere pignolo, ma questo libro l’hai acquistato tu, vero? -Si. È di un autore che già conosciamo. -Lo so e ricordo, in occasione dell’ultimo suo libro acquistato da me, che pronti ad iniziare la lettura, con voce cattedratica tu mi hai chiesto se ne avessi letto qualche pagina per ben ponderare fosse lettura adatta a noi. Ti ricordi? -Non… non mi ricordo. -L’hai fatto, ed eri pronta nel caso, ad addebitarmi uno svogliato o incauto acquisto, turbandomi molto seriamente. Da ciò, essendo stavolta tu l’acquirente, non con voce cattedratica ma amorevole ti chiedo: Gina cara, prima di acquistare questo libro, hai valutato se sia lettura a noi confacente? Ne hai letto qualche pagina? Hai letto la postilla sottotitolo? -Nessuna pagina ho letto ma la postilla sottotitolo sì. E mi è sembrata curiosa e simpatica. -Ma scusami tanto. Noi due l’Inps ancora non ci rifocilla, l’ingresso ai musei lo dobbiamo pagare per intero, e riguardo alle nozze di alto valore, credo siano… -Quelle d’oro o di diamante. -Bene, quelle, noi siamo ben lontani dal festeggiarle. Questo allora non sarebbe libro adatto a noi. -Gino, per favore. Noi non siamo di una certa età ma nemmeno giovani, non ti pare? -Sarà come dici, ma non vorrei fossero racconti canuti, geriatrici, ammuffiti… -E così fosse? Canuti o geriatrici che siano se sono interessanti… certo tu vorresti fossero sempre racconti leggeri, spiritosi e osé, vero? -No. Anzi, sì. Leggere deve essere uno svago, un passatempo rilassante e divertente, non un attempato e spirituale incupimento. -Gino, non esagerare. Dopotutto tu per i racconti seri hai sempre trovato modo di renderli briosi con le tue battute, non sempre pertinenti per la verità. Forse sarà così anche con questo. Comunque, non ti va di ascoltare? Bene. Girati di spalle, dormi e io muta, lo leggo. -Eh no. Poi se ridi, mi fai traballare e incuriosire, se mugugni mi fai preoccupare… -Allora, leggo un racconto e se a sua signoria non aggrada mi zittisco e leggo per conto mio. Su, stenditi sotto le coperte e zitto.
BACCO, TABACCO E VENERE
La mia terra natia: una valle dipinta da campi e vigneti, percorsa da un’unica via che serpeggia e s’inerpica sin tra le case d’un paese arroccato sulla collina e s’interrompe in un’umile piazzetta ove un campanile stanco s’appoggia ad una chiesetta in mattoni consunti attorniata da mura ammuffite con poche finestre, due balconi infiorati, portine socchiuse e… null’altro, nella piazzetta. Nessuna aiuola o monumento, nessuna fontana, nessuna targa a ricordare paesani o viandanti illustri anche se, nel mio piccolo e anziano paese, han vissuto e vivono tuttora persone meritevoli. Il sindaco, basso e cicciottello che mai indossa la cravatta; il parroco, privo di perpetua ma sempre puntuale nel suonar la campana; l’ostetrica, che da quarant’anni abbraccia i rari nascituri prima delle loro madri; la signora Matilde, maestrina zitella da tutti ossequiata; Remigio, il barbiere-calzolaio a volte pure farmacista… insomma diverse persone degne d’esser citate, ma in questa mia memoria voglio ricordare la figura di nonno Enrico, descrivendone virtù e umani difetti.
Per cominciare, bacco, tabacco e venere rappresentavano il suo vangelo, poiché nonno Enrico beveva, fumava il sigaro e tastava il sedere a tutte le donne che gli capitavano a tiro, pure a Suor Angelina, santa donna cugina di nonna Dorina, quando veniva a farci visita e lei, paffuta e rubiconda infiammava il viso ma non fuggiva, lo sgridava, gli schiaffeggiava la mano e poi sorrideva. Anche la nonna, sempre presente, brontolava ma non s’arrabbiava. Quando però accadeva mettesse mano al sedere d’una vicina di casa o a chiunque indossasse una sottana che non fosse quella di Suor Angelina, allora erano tuoni e fulmini, per il nonno e ancor più per la malcapitata.
Raccontavano, fosse nato in una vigna in un pomeriggio d’ottobre il nonno nel bel mezzo della vendemmia, deposto non in una mangiatoia ma in una cesta di vimini tra i grappoli d’uva matura, e se per calmare i suoi strilli spremevano acini d’uva nera sulle sue labbra riuscendo nell’intento, nelle notti insonni per il primo dentino o il male al pancino bastava ci fosse non camomilla che rifiutava, ma del Chiaretto allungato con acqua, nel biberon. Dicerie forse, fatto sta che il nonno crebbe sano, forte e allegro. Di un’allegria gentile e contagiosa che lo faceva amare da tutti, specialmente dalle donne.
... continua |