LA MIA GUERRAdi Buccellato Girolamo
Anno: 2010
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Dalla prefazione di Alberto Raimondi:
Il tempo, si sa, tende a sfumare i ricordi e quello che di Girolamo Buccellato mi è rimasto nella memoria rimanda all’aspetto di un signore serio e distinto, ma anche molto cordiale e affabile, di una simpatia e di una capacità comunicativa assolutamente connaturali, conosciuto a casa mia molti anni fa, in occasione di una sua venuta a Lodi per rivedere mio padre.
Erano molto amici, non solo per avere condiviso nell’ultimo conflitto mondiale responsabilità di comando alla 5° Compagnia-2° Battaglione-130° Reggimento della Divisione Perugia, ma anche per avere affrontato insieme tutte le fasi di una guerra che li aveva visti attori in vari e multiformi scenari: dalla Dalmazia, al Montenegro, all’Albania, fino alla drammatica realtà dei campi di concentramento e di lavori forzati tra le desolate lande polacche e tedesche, duramente sperimentati tra sofferenze e difficoltà di ogni genere prima di veder recuperata la libertà con l’agognato ritorno alla Patria e agli affetti familiari mai dimenticati.
Ma, in fondo, cos’è che rende tanto speciale questo resoconto bellico, così ben strutturato e di agevole lettura, “opera prima” di un ultranovantenne, composta durante un inverno trascorso in solitudine?
Si sa che la lettura di un libro di guerra ci rimanda quasi inevitabilmente al ricordo di testi di autori classici studiati sui banchi di scuola, Cesare e Senofonte in primis: qui però il lettore non troverà, se non marginalmente, le audaci strategie o il fragore delle battaglie tipici dei testi cesariani; vi troverà piuttosto la generosa dedizione, l’impegno quotidiano, la solidarietà cameratesca, il tenace sacrificio, l’amicizia autentica, o, in una parola, quella tanto naturale umanità che riesce a sopravvivere anche in quella drammatica “anabasi” attraverso un’ Europa ferita e dilaniata.
Per rendercene conto basterebbe leggere quel piccolo capolavoro che è il breve discorso (“l’orazion picciola”) tenuto dall’Autore ai suoi soldati a Tepeleni (Albania), dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943: “Miei cari soldati, avete tutte le ragioni per esultare alla notizia che la guerra è finita. Pensiamo però quanti sacrifici, quanto sangue, quante sofferenze ci sono costati. Pensiamo alla nostra Patria e, in particolare, ai morti e ai tanti feriti. Guardate laggiù (indicai una vallata), proprio laggiù sono morti tanti nostri fratelli” Qui ognuno può vedere che non c’è ombra di retorica, ma solo una commossa, solidale, umanissima pietà, che è un po’ il tratto distintivo di tutto il libro. |