Antologia di racconti brevi e poesie
Il concorso letterario LeggiadraMente è giunto, nel 2015, alla terza edizione ed è stato proposto agli autori di scrivere poesie o brevi racconti su un tema carissimo a tutti noi italiani: la pasta.
In questo volume abbiamo raccolto tutti i testi presentati; l’idea di inserire questa sezione tra quelle del concorso è nata dal tema conduttore dell’Expo 2015: Nutrire il pianeta, energia per la vita, e la pasta... dà molta energia, specialmente a noi italiani!
Nelle pagine che seguono leggerete poesie e brevi racconti che vi faranno venire l’acquolina proponendo sensazioni, stati d’animo, eventi strettamente legati a uno dei piatti più amati e consumati e quindi... buona lettura o buon appetito?
Ecco il racconto vincente:
La medicina di Valeria De Cubellis
Padella sul fuoco, giro d’olio e cento grammi di cubetti di pancetta sfrigolarono sul fondo di ceramica in meno di trenta secondi. La manciata di sale caduta nell’acqua della pentola le ricordò il suono d’onda marina che s’infiltra fra i ciottoli d’una battigia ghiaiosa. Portò il palmo salato al naso e di nuovo trovò il mare. In risacca per giorni aveva portato con sé la voglia di andare via e una fangosa mestizia che ora stava defluendo attraverso quei gesti precisi.
Amalia Miranda Gianausica Anelsol fissò i due tuorli nella zuppiera come fossero stati gli occhi di Gustavo e li infilzò con la forchetta, disintegrandoli in un vortice. Perché lo aveva fatto?
Perché con la sua amica Ruxi?
Ricordò parole lontane.
Nonna Julia Tea Mamicor, seduta sulla porta di casa di Copiapò, con lo sguardo alle melanzane dell’orto diceva: “L’amore non esiste”.
Punzecchiò i cubetti di guanciale col cucchiaio di legno, e tuffò in pentola fra le bolle d’acqua due manciate di spaghetti. Cadde a pioggia dalla sua mano il pecorino grattugiato sull’uovo sbattuto: d’altronde l’amore non è tempesta ormonale, considerò pensando ai gemiti di suo marito sul corpo dell’amica, quella è riproduzione della specie, tocca anche agli animali. Sentì dolere il bordo delle palpebre per l’amaro di nascenti lacrime, percependo nei muscoli la resa.
Non c’era da scappare, non c’era da andare da nessuna parte.
C’era da stare al proprio posto.
Come aveva fatto sua nonna. In nome e per amore delle creature che aveva chiamato al mondo e a cui doveva insegnare quello che aveva capito per starci. Ecco cosa doveva fare.
Gettò gli spaghetti nello scolapasta e poi nella padella.
L’uovo si raggrumò sotto quella zazzera calda, e un profumo accattivante si liberò in una tiepida nuvola di vapore. Si sedette, stanca. Arrotolò la forchetta nella zuppiera, e la infilò carica in bocca: felicità al dente.
Alle sette di una domenica mattina ancora silenziosa, Amalia Miranda Gianausica Anelsol mangiava spaghetti alla carbonara per capire la sua vita.
Apparve sulla porta della cucina Isidora in pigiama, a piedi nudi.
“Ho mal di gola” piagnucolò.
Chiamò a sé la sua bambina, ne baciò la fronte. La mise a sedere sulle sue cosce e, arrotolando nuovamente gli spaghetti, disse: “Mangia, amore mio. Guariranno anche te”.