di Vittorio MARTUCCI
Finalista della Selezione Editoriale 2015 indetta da Carta e Penna
Prologo
Intorno silenzio e il grigio spento del cielo d'ottobre. Si approssima il tempo delle brume. In basso scorrono fragorose le acque dell'Aser, che le recenti piogge hanno ingrossato, e avvolgono in tumulto il masso roccioso che sporge in mezzo al letto del fiume: "lo scoglio delle fate", secondo la credenza popolare. L'uomo si protende sul limite della sponda e guarda in giù verso la corrente che corre fra gorghi e schiume. La corrente attrae. Basterebbe poco: un passo in avanti… e gettarsi verso il nulla per sempre.
Ma la corrente ha anche un suono, uno strepito sempre uguale che rompe quel silenzio e sembra composto di mille altri suoni, e di mille voci, di voci che richiamano antichi ricordi.
La vecchia casa paterna, dove Eric ha vissuto i suoi primi vent'anni tra il caldo affetto dei genitori e dei fratelli più grandi. La casa dove poesia, arte, musica erano le festanti sorelle di tutti. La casa dove sono risuonate le prime note dello strumento di cui a poco a poco ha appreso i segreti e da cui ha tratto le sue scintillanti melodie. L'addio a quella casa in cerca dell'avventura e della gloria. Erano seguiti tempi di ristrettezze, di affanni, ma anche i momenti dell'amore e delle gioie per una ritrovata dimora e una nuova famiglia. Poi, a poco a poco, anche i giorni della notorietà e di una breve fama.
L'acqua gorgoglia, schiuma, richiama; sembra ripetere incalzante: «Fa' presto.»
Dopo una fuggevole felicità, il maligno manifestarsi di una sorte avversa. L'appesantirsi delle mani, il loro anchilosato stringersi intorno al violoncello in una presa non più agile, fin quasi a rimanere a volte quasi immobili, prive di vita. La fine della carriera.
E poi la fine di ogni cosa, con la morte della sua amata sposa, suo bene, suo conforto, suo tutto.
Il piede si mantiene a fatica sull'erba melmosa. L'acqua scorre, scroscia con fragore, è un liquido nastro ipnotico.
«Papà, vieni dentro, qui fa freddo, ti può far male.»
Male? È già dappertutto il male; qui forse c'è l'unico, l'ultimo bene...