Dalla prefazione di Fulvio Castellani:Aprire la finestra del tempo e rileggere quello trascorso tra sogni e realtà significa, anche per un poeta, riappropriarsi di pomeriggi assolati e di pagine ricche d’amore, di speranze, di tante vele bianche che, purtroppo, il “grido del gabbiano” va disperdendo in un concerto di solitudine e di malinconia.
Questo sembra volerci offrire, con la sua poesia efficace e suadente, Giuseppe Oriente Biasi. Il suo leggersi dentro diventa a tratti uno specchio traslucido, un belvedere intenso che riesce, sempre e comunque, a trasformarsi in dolcezza espressiva e in una cascata di immagini fresche.
Il respiro dei suoi versi è caldo e vibratile, non si sbianca di luce quando il crepuscolo dei giorni fa capolino su un paesaggio intimo che si rinnova con un sorriso di silenzi ciarlieri.
C’è armonia e profondità nel canto poetico di Giuseppe Oriente Biasi. C’è quell’accettazione del destino che significa anche, e soprattutto, pienezza di pensiero con cui riesce in ogni frangente a rivedere le persone amate e che lo fa dire: “Stringo forte tra le braccia / il tuo cuscino / ormai freddo / ma denso ancor / del tuo profumo”...
Il respiro dei versi, cullato nel segno della rima e talora del sonetto è, dunque, un sussurro, un’apertura repentina e dalla voce piena. La sera che sta scendendo non frena l’amore (una parola e un sentimento che per il poeta significa anche preghiera), per cui ogni composizione ed ogni immagine scalpita e non si spegne nonostante la malinconia e la solitudine siano a tratti soffocanti. Troviamo, via via, le figure di pescatori che cantano con voce fioca mentre “il mare riposa / reggendo alla luna / il suo velo di sposa”, della vaporiera che ansante “corre nel vespero / fra verdi campi violando la silente / pace della sera”, della periferia di Milano, di Camogli...”
Le parole corrono e si rincorrono accompagnando la sera al di là del silenzio vuota. Come a significare che lo sguardo intimo di Giuseppe Oriente Biasi ha la capacità di trasferirsi in poesia e in amore affidandosi contemporaneamente alla bontà di Gesù e invocando la pace per tutti.
Un diario, lungo e fragrante, questo di Giuseppe Oriente Biasi, che va oltre il recinto degli anni, perché gli “basta un bacio d’addio e una carezza” per trovarsi tra le mani quella ricca porzione d’azzurro che fin qui lo ha accompagnato.